Forse quella microfonia imperfetta, apparentemente spuria, di una voce che veniva da lontano, sembrava fatta apposta. Come la sua parola da fondocampo, divisa tra triangolazioni semplici e improvvisi poetici. Rino Tommasi pronunciava la naturalezza del linguaggio. Di esso possedeva la proprietà più bella, quella che spartisce l’ascolto con la conoscenza. 

Dai campi di tennis ai ring del pugilato la sua locuzione transitava dalla perfezione elementare della descrizione del frangente alla lettura dei suoi significati. Nel suo timbro stretto e nel suo ritmo serrato e appassionato mai si ascoltava un istante di tedio o di fatica. Ogni momento era la particella di un grande racconto. Rino Tommasi nella sua carriera ha scritto e raccontato un grande romanzo di formazione in dedica al giornalismo. Di lui Gianni Brera diceva che fosse “il Professore”.

La coscienza della fatica e del sacrificio dell’atleta, dovuta pure alle sue esperienze di organizzatore di importanti manifestazioni sportive, soprattutto nell’ambito pugilistico, in particolare ai tempi della ITOS, tra la fine degli anni cinquanta e l’inizio degli anni settanta, emergeva nel suo di atletismo. Quello che la sua voce sosteneva a mo’ di sottofondo alla resistenza dei pugili e dei tennisti. Un suono che sembrava nascere per musicare lo strofinio dei corpi e i rumori di fondo degli agonisti presenti in quelle scene di polifonica epica sportiva.

Tommasi non è stato soltanto testimone diretto di grandissimi eventi sportivi, ma ne ha costituito frazione narrante. Senza di lui molti incontri di box, partite di tennis, istanti calcistici e di altre discipline non sarebbero gli stessi. Chi ha ascoltato Rino Tommasi ha registrato un audio documentale a caldo. Un’impressione incancellabile ha consegnato un patrimonio di respiri e di parole alla memoria degli appassionati. 

Una volta, durante una telecronaca di una partita di tennis tra Federer e Nadal al torneo di Wimbledon, Rino Tommasi, in seguito a uno scambio altamente spettacolare tra i due giocatori, esclamò entusiasta: “Così si gioca in paradiso!”. E allora come raccontava lui si racconta, in paradiso.