"Il razzismo è moderno. Le culture o le razze precedenti si sono ignorate o annientate, ma mai sotto il segno d'una ragione universale. Non c'è un criterio dell'Uomo, non la divisione dell'Inumano, soltanto delle differenze che possono affrontarsi a morte. Ma è il nostro concetto indifferenziato dell'Uomo che fa sorgere la discriminazione". Jean Baudrillard
Il caso di positività al coronavirus di De Laurentiis ha provocato la solita azione reazione di una certa stampa. Sono apparsi, e sarebbe stato strano il contrario, i soliti articoli a sfondo denigratorio della Napoli buttata addosso a chiunque. Purché compaia a grandi lettere l’insulto gratuito che è la norma quadro del pensiero nazionale.
Attenzione, qui non è in discussione il comportamento imprudente del diretto interessato (l'atteggiamento resta gravemente superficiale e ingiustificabile). Le sue probabili avventatezze e irresponsabilità dipendono, appunto, da scelte individuali, che niente hanno a che vedere col traino che, secondo certi articoli pubblicati su alcuni quotidiani nazionali, si tirerebbe dietro lo spirito d’azione di una città, di un popolo o di una qualsivoglia categoria umana – ormai siamo ridotti a questo, alla categorizzazione territoriale – secondo un campionario allegorico che sistematicamente tira in ballo i soliti stereotipi che, letti soprattutto in questi frangenti, rappresentano più la semantica gretta e avvelenata di chi scrive con quel compiacimento d’occasione tipico del razzista in agguato. A volte, pure con lo sgradevole condimento delle icone sparse a caso, tecnica tipica dell’insofferenza del razzista.
Certo che, a proposito dell’indelicata e furiosa smania di polemiche a vuoto intorno a quello che da mesi sta capitando al mondo, risuona tutto così stordito e straniante. Da un lato l’attesa dell’occasione di cui sopra, per dire male di quello di cui si deve spesso dire male (vedere quanto successo il giorno dopo i festeggiamenti a Napoli per la vittoria in Coppa Italia) e dall’altro l’attesa – chissà se qualcuno se ne ricorda ancora – di conoscere la verità su quello che è avvenuto nelle rsa lombarde, sulle responsabilità di partite giocate a porte aperte nel momento in cui molti sapevano che sarebbe stato molto pericoloso e molto altro. Ivi comprese le fughe di certi calciatori durante la quarantena e in piena emergenza alle quali nessuno ha dato spiegazioni.
Sì, l’errore, la leggerezza, l’irresponsabilità individuale che, meglio ripeterlo, qui non è in discussione, deve rientrare nell’affresco miserabile di un luogo. A prescindere. Perché, secondo qualcuno, così dev’essere. E non chiamatelo vittimismo. Anzi, non dategli alcun nome. Invece, chi desidera e chi avverte la necessità di sfoggiare quell'intellettualismo discriminatorio e sconclusionato lo pratichi pure (il giornalismo italiano è ormai caduto dentro questa spirale di ignoranza e malafede irreversibili). Ci si metta d’impegno, scovando ogni pretesto. Se di tanto ci si contenta, ci si accontenti pure. Buon compiacimento.