Più o meno un terzo di campionato e per il Napoli arriva il momento di una prima riflessione. Al completamento del girone di andata per gli azzurri manca la frazione imprevista, quel gruppetto di squadre che pochi avrebbero accreditato a ridosso delle prime, se non insieme alle prime. Fiorentina, Lazio, l’ostica Udinese e, sia pur in crisi, la Roma dei tanti ricordi amarissimi.
Antonio Conte in questo primo terzo ha riportato il Napoli in vetta. Di misura, con sofferenza, almeno in quella dimensione apparente di una squadra dall’impressione affannata, ma dal piglio solido e raramente apparso fragile. Quello che a Napoli non si era mai visto negli ultimi decenni. Nemmeno durante la stagione dominante dello scudetto. Due anni fa i partenopei vincevano imponendo una fase offensiva che serviva pure a quella difensiva.
Adesso la polarità si è invertita, a vantaggio di un sistema di gioco fintamente “assente”, essenziale fino alla noia, ma votato a una lingua elementare ma mai sgrammaticata. La dissimulazione al dovere di piacere. Senza ammiccamenti e tenerezze. Un calcio che non ha paura di tornare allo sporco che un tempo era ragione di nobile umiltà. Un ritorno a un biennio, più volte ricordato, in cui Maradona guidò il Napoli più forte di sempre. Con le dovute proporzioni questo lo ha ricordato in alcune partite e ne sta inconsciamente prendendo spunto da inizio stagione.
Conte ha manomesso l’élan vital di una piazza divisa tra le ideologie del bel gioco e le memorie “corrotte” di un mister che un tempo stava dalla parte del nemico. Un’inimicizia interiorizzata a tal punto da rendersi costituzionale, ignara dei meccanismi opportunistici di un mondo in cui ognuno recita una parte e pochi la rendono attendibile.
Antonio Conte sta cercando di proporsi sull’equilibrio tra la dignità vincente del suo passato e la riaffermazione in un presente per cui un giorno la storia scarna e ricchissima di un calcio bandiera, quello napoletano, possa un giorno portare anche il suo nome. Come questo Napoli che lotta per riaversi definitivamente. Senza fronzoli, sgriffando le presunte necessità di un’estetica che in fondo è l’uscita di emergenza dalle vittorie mancate.
Tuttavia dietro quel primo posto s’è serrata una mischia di inseguitrici che sembrano aver composto un’onda potentissima che spingerà forte a insidiare quella prudenza che fino a questo momento ha fatto parlare più il campo che le parole. Una resistenza che di giornata in giornata minaccia di diradare pericolosamente ogni linea di insidia. Se prima era ogni partita, adesso è ogni frammento di essa. Questo Napoli sta frazionando il frangente per affrontarlo senza trascuratezza alcuna. Una cosa avvenuta tanti anni fa. Di cui ancora si parla.