Tre anni, questo il limite temporale stabilito dalla Juventus lo scorso giugno quando si varava ufficialmente il nuovo corso tecnico sotto la guida dell'allenatore italo-brasiliano Thiago Motta. Tre anni, come erano stati dati ad Allegri per il suo secondo ciclo bianconero, un arco temporale ritenuto congruo per costruire un progetto vincente partendo da una base in chiara difficoltà. Oggi, invece, neanche un anno dopo, questo limite sta per essere spazzato definitivamente via in larghissimo anticipo. Tutti i media concordano che la storia tra Juventus e Thiago Motta sia arrivata alla parola fine e che resti solo da capire quando arriverà l'ufficialità di questa separazione. Per alcuni questa comunicazione potrebbe arrivare già nelle prossime ore, mentre altri si legano ad aspetti economici per motivare la decisione di sollevare il tecnico dall'incarico martedì 01 aprile, scelta che sarebbe decisamente discutibile visto che tra oggi e quella data c'è un impegno di campionato da rispettare.
A far propendere per questa decisione ci sono indubbiamente molteplici fattori. Arrivato a Torino con un grande carico di entusiasmo vista la grande stagione trascorsa sulla panchina del Bologna e la contestuale brutta annata dei bianconeri, Thiago Motta aveva subito fatto capire di essere poco propenso alla flessibilità, facendo piazza pulita anche di figure storiche all'interno dell'ambiente bianconero come il preparatore dei portieri Claudio Filippi. Ovviamente il tecnico aveva richiesto anche alcune modifiche alla rosa, cercando di trovare degli elementi più congeniali alla sua filosofia di gioco e la società, per quanto possibile, ha cercato di accontentarlo nel migliore dei modi, rinunciando anche a giocatori importanti, per fare largo ai nuovi arrivi.
Tuttavia che le cose tra squadra e allenatore non andassero benissimo si è iniziato a vederlo dopo poco. Dopo le prime settimane di idillio e l'inizio della stagione ufficiale si iniziavano a notare alcune "strane" assenze dalle varie formazioni iniziali: da Gatti a Danilo, passando per Fagioli e Cambiaso, fino alla quasi separazione in casa con l'unico attaccante disponibile in rosa Dusan Vlahovic. Arrivati a gennaio la società ha cercato di rimediare a queste situazioni favorendo il tecnico e, di conseguenza, arrivando alla rescissione con Danilo e alla clamorosa cessione di un elemento di grande rilievo tecnico come Fagioli per una cifra davvero irrisoria se paragonata alle altre che girano negli ultimi tempi. Difficile dunque sostenere la tesi che il tecnico non fosse stato accontentato e coccolato dalla società.
Il primo riflesso di un ambiente non certamente positivo negli spogliatoi era poi dato dalle prestazioni della squadra sul campo. Nella sua esperienza a Bologna Thiago Motta aveva fatto vedere una squadra spensierata, capace di trovare soluzioni efficaci indipendentemente dall'avversario che si trovava davanti e portando i rossoblù ad una clamorosa qualificazione in Champions League. Nella sua avventura alla Juventus invece non si è mai visto nulla di tutto questo: un calcio molto cerebrale, fatto di un grande possesso palla ed una ricerca quasi maniacale di uno spazio vuoto lasciato dagli avversari. Dopo le prime partite le squadre avversarie sono riuscite subito a prendere le giuste contromisure, costruendo una grande densità difensiva nelle vie centrali del campo e lanciandosi rapidamente in contropiede, sfruttando così la poca capacità di creare superiorità numerica dei bianconeri con il mero possesso palla e la linea difensiva molto alta, priva per altro di un elemento di grande fisicità come Bremer, per presentarsi facilmente dalle parti di Di Gregorio. Inoltre l'inflessibilità di Thiago Motta ha portato a situazioni paradossali come quando dopo aver incassato un gol, magari contro un avversario sulla carta inferiore, lo schema tattico non subiva alcuna variazione.
Con il passare dei mesi la situazione non è mai migliorata, anzi sono arrivate le clamorose eliminazioni in Champions League prima e Coppa Italia poi, mentre la classifica in campionato continuava a parlare di una "possibile" qualificazione in Champions, regalando anche ai tifosi più ottimisti qualche velleità di rientrare nella corsa per lo Scudetto. A sancire la fine delle illusioni sono arrivate poi le clamorose sconfitte con Atalanta e Fiorentina, con sette reti subite in totale senza neanche tentare un tiro nello specchio della porta avversaria. Soprattutto nel match con la viola si è avuta l'impressione che il tecnico non sapesse più a cosa appigliarsi. Dopo la rete di Mandragora il linguaggio del corpo di Thiago Motta è stato emblematico: completamente immobile a bordo campo, con le mani in tasca, senza alcuna comunicazione verso i propri giocatori, una muta dichiarazione di sconfitta, un uomo inerme in balia degli eventi.
Ora non resta dunque che aspettare l'ufficialità, ma si può già serenamente dire che il progetto Thiago Motta è clamorosamente naufragato dopo neppure un anno.
Sul futuro allenatore bianconero non sembrano esserci ormai più dubbi: il ballottaggio tra Roberto Mancini e Igor Tudor è stato vinto da quest'ultimo. Nonostante la grande differenza di esperienza la scelta della società juventina è ricaduta sul croato soprattutto perché questo ha accettato un contratto di soli quattro mesi con possibile rinnovo, quindi non vincolando anche la prossima stagione, mentre l'ex CT della Nazionale richiedeva un accordo più lungo indipendentemente dall'esito di questo finale di stagione.