Più che il calcio, nelle vene di Rogerio Vagner scorreva un'alta percentuale di potassio. Il centrocampista divoratore di banane, fece vedere già in Austria, nel ritiro della Roma a Kapfenberg, di esserne quasi dipendente. In quei giorni, a dire la verità, dimostrò di essere in grado di fare anche ben altro. Se nel primo anno giallorosso zemaniano, l'ossigeno dei boschi non gli bastava per recuperare le sedute di allenamento così diverse da quelle al Santos ("Qui sono dure - dichiarò - tre ore al giorno contro l' ora a cui ero abituato in Brasile"), il suo ruolo da intrattenitore dei compagni restava sempre brillante e lucido.
"Parla con le anatre e balla con i cani - scrivevano le testate nell'estate del '97 - A Kapfenberg, imitandone perfettamente lo starnazzare, ha duettato per dieci minuti tra le risate generali dei compagni. Poi è riuscito a fare ballare un cagnolino d'un tifoso, come riesce sempre col suo Pilù. Sta già provando un ballo stile samba per festeggiare dopo i gol".
Quei passi di ballo, non ebbe modo di recuperarli e mostrarli mai.
Figlio d'arte, anche il padre è stato un calciatore, nasce a Bauru il 19 marzo del 1973. La sua prima squadra fu l'Arapongas ma già nel '90 si allontanò da casa e cambiò Stato per giocare nel Paulista. Tre anni più tardi, cambiò maglia indossando quella dell'União São João e fu qui che iniziò a farsi notare a livello nazionale dalle società di maggior blasone. E così, nel 1995, passò al Santos. Un ottimo biennio quello del centrocampista, con 33 presenze e 5 reti. Il recupero e l'interdizione erano le sue doti migliori. Tuttavia quando le testate in Italia iniziarono a rendere nota la trattativa con la Roma, qualcuno storse il naso perchè pareva non avere caratteristiche di facile adattabilità, soprattutto all'interno del nuovo corso zemaniano. Alla fine, Sensi lo acquistò dal Santos versando otto miliardi di lire ma non bastarono. Vagner alla presentazione ufficiale della Roma era assente, proprio per una controversia da risolvere col suo club e sulla quale ci mise una toppa proprio il presidente giallorosso. In base ad una norma brasiliana, il Santos avrebbe dovuto corrispondere al giocatore il 15% della somma incassata dalla sua cessione. In un tira e molla che pareva non avere mai termine, fu il club capitolino a versare i circa 600mila dollari.
Vagner fu presentato in Italia il 16 luglio del '97 nell'indifferenza generale e con il volto di Sensi tormentato dai dubbi che, per scrollarsi di dosso il pensiero di aver appena portato in Italia un flop, liquidò la questione con: "È un giocatore voluto espressamente da Zeman". Il tecnico rafforzerà poi la tesi di essere perfettamente a conoscenza delle qualità del giocatore perchè lo aveva osservato varie volte su vhs.
"Il mio sogno? - spiegò quel giorno il brasiliano - Diventare la dinamo della Roma. So che è un compito terribile. Non a caso i brasiliani che prima di me hanno giocato a centrocampo in questa squadra si chiamano Falcao e Cerezo. Ma io non ho lasciato il Brasile per sbarcare il lunario. Qui, inseguo una parte da protagonista. Roma è una grande piazza, l'Italia il primo teatro calcistico del mondo. Voglio vincere per conquistare la maglia della Nazionale, che finora ho vestito solo una volta, in amichevole. Anche chi mi ha preceduto trovò in questa squadra un trampolino di lancio. Deve essere così anche per me".
Nonostante tutte le buone intenzioni, il ritiro per Vagner fu quasi traumatico, anche a partire dall'alimentazione. "È uno spettacolo - disse di lui in quei giorni austriaci Balbo - A tavola il primo giorno ha messo le banane dentro la pastasciutta, il secondo giorno ci ha aggiunto l'insalata, il terzo ci ha infilato il pesce. Ma il massimo l'ha raggiunto quando ha aperto il pane e ci ha schiacciato dentro due banane". L'ambientamento, quindi, non iniziava benissimo, nonostante la piccola colonia di connazionali presenti nella rosa: Aldair, Cafù, Paulo Sergio. In compenso però, si divertivano tutti tantissimo. "Dovreste vederlo quando fa gli addominali - raccontava Di Biagio - Sembra Tyson!". Fu Aldair a prenderlo sotto la sua ala e a fargli fare poi il giro dei ristoranti di Ostia per integrarlo almeno dal punto di vista gastronomico. Eppure Vagner continuava ad avere mancanze, nostalgie, piccoli e ripetuti problemi muscolari.
Meritava fiducia in ogni caso e, dopo un paio di spezzoni, Zeman lo schierò titolare il 13 settembre nella gara casalinga contro la Juventus. I primi dieci minuti del brasiliano furono uno spettacolo. Schierato a sinistra, lui destro naturale, assieme a Di Francesco doveva occuparsi di bloccare e aggirare gli uomini di fascia bianconeri. Nella prima parte di match, Conte e Birindelli andarono subito in crisi. Vagner, con la sua corsa e i movimenti singolari, era un avversario imprevedibile. Sugli spalti i tifosi rimasero impressionati, quasi scioccati e più di qualcuno ammise il colpo di fulmine e di violino: "Vagner è già sinfonia". In fondo, perchè dubitare di un giocatore che nel Santos indossava la 10 di Pelè? La partita del brasiliano terminò al 60', quando con i polmoni in mano, venne sostituito da Tommasi. L'Olimpico gli regalò una standing ovation e lui si ubriacò di gioia: "I tifosi della Roma - disse - sono entrati nel mio cuore. Mi hanno dato una grande emozione. Gli applausi mi hanno fatto felice, sono il giusto premio per il lavoro che ho fatto da quando sono arrivato".
Vagner soffriva e avrebbe continuato a farlo per tutta la stagione, tanto da mettere insieme al termine della stessa, 11 presenze in A e 5 in Coppa Italia. In estate la Roma, legata al giocatore con un quadriennale da poco più di un miliardo di lire all'anno, lo girò in prestito prima al Vasco da Gama e poi al San Paolo. Nell'estate del 2000 tornò invece in Europa, nel Celta Vigo. Il club spagnolo ripose così tanta fiducia in lui, che per la fretta di tesserarlo, rinunciò alla trattativa più complessa per Makelele, che andò poi al Real. In quattro anni, Vagner riuscì a giocare con più continuità - 107 presenze, 7 reti e un assist - e ebbe modo di giocare pure in Champions, nel 2003, scendendo in campo 5 volte. Nel girone H però, affrontò il Milan in casa (0 a 0) ma non partecipò alla storica vittoria a San Siro, per 2 a 1.
Nel 2005 fece ritorno in Brasile, per indossare la maglia dell'Atletico Mineiro ma dopo qualche mese decise di ritirarsi dal calcio giocato. Finiti gli stimoli, decise di dedicarsi ad altro. Così pare abbia iniziato un corso di giornalismo, poi mollato, e aperto un'agenzia di sicurezza per matrimoni e altri eventi. "Radio Globe" lo chiamato spesso come opinionista per il campionato brasiliano.
Fonti:
La Repubblica
AsRomaforum
Youtube
Radio Globe
TerceiroTempo