Tripletta al Palermo e le reti al Sassuolo e alla Fiorentina. Meglio di così Filip Djordjevic non poteva cominciare. Per il giocatore nato a Belgrado, non era tuttavia difficile ipotizzare un ambientamento veloce alla Serie A, anche perchè negli ultimi anni, a Roma sponda Lazio, i serbi sono stati giocatori spesso decisivi nell'incrementare il palmarès biancoceleste. Basti pensare a Mihajlovic e a Stankovic scudettati nel 2000, fino al più recente Kolarov, vincitore della Coppa Italia e della Supercoppa nel 2009.
Il feeling vincente è estendibile anche ad altri giocatori slavi, perchè nell'anno del tricolore c'era anche il croato Alen Boksic, tanto per fare un esempio. Ecco perchè val la pena stilare un ipotetico top undici slavo (meglio dire ex jugoslavo) che ha vestito – e veste – la maglia biancoceleste.
Il modulo scelto è un 3-4-3 spregiudicato, con il talento concentrato soprattutto sul piede destro, la potenza nel sinistro; atletico in difesa e in attacco, capace di andare spesso al tiro da fuori e con la garanzia di calci piazzati mortiferi. Nel top 11 figurano: uno sloveno, un macedone, un bosniaco, un croato, un kosovaro, sei serbi.
La Slovenia è rappresentata da Handanovic. E purtroppo per la Lazio fu una breve parentesi. Difficile da ricordare ma l'attuale portiere dell'Inter fu acquistato 22enne nel gennaio del 2006 dal Treviso. In una sola stagione, il giocatore nato a Lubiana, collezionò una sola presenza in quanto terzo portiere dopo Peruzzi e Berni.
Dusan Basta è oggi, al di là del rendimento che offrirà in questo campionato, il miglior terzino destro slavo che abbia mai giocato nella Lazio. Lo stesso si può dire del connazionale serbo Kolarov, che Lotito acquistò per poco meno di un milione dall'OFK Belgrado. Aleksandar non aveva ancora 22 anni ma si è distinse fin da subito per il sinistro potente. Notevole la crescita tecnica con Delio Rossi ma soprattutto la plusvalenza realizzata dalla Lazio una volta venduto al City allenato di Mancini per 18 milioni di euro.
Poco altro da aggiungere, invece, su Mihajlovic di nazionalità serba – e italiana - ma nato a Vukovar da padre serbo e madre croata. Arrivato nel 1998 ha contribuito e ha chiuso il ciclo d'oro della Lazio di Cragnotti: uno scudetto, due Coppa Italia e due Supercoppa Italiana, una Coppa delle Coppe, una Supercoppa Europea. Centoventisei presenze e ben 20 reti, quasi tutte da calcio piazzato.
Una sola stagione a Roma per Jugovic ma tanto bastò per meritarsi il soprannome di “mezza squadra” e vincere la Coppa Italia nel '98.
Come Jugovic anche lo “svizzero” Behrami è nato in terra serba, adesso Kosovo. Alla Lazio giunse nel 2005 e restò fino al 2008. Sessantacinque le presenze e 4 i gol in campionato. Viene ricordato come l'uomo nel derby post tragedia di Gabriele Sandri. Valon segnò il 3 a 2 della vittoria al 92esimo ed è negli annali l'esultanza “testa-cuore”.
Stankovic da Belgrado arrivò in biancoceleste nel 1998 dopo una battaglia di mercato con la Roma. Celebre la battuta amara di Zeman, mister dei giallorossi, a trattativa chiusa per ben 24 miliardi di lire: “Se al mercato voglio comprare una mela da 500 lire e arriva uno che ne offre 100 mila, scappo via indignato – disse - E quanto alla presunta scorrettezza laziale, solo una battuta: a Belgrado a vedere Stankovic c'è andata solo la Roma. Di sicuro la Lazio è la società che lo conosce meno”. Dejan percorse come Mihajlovic tutto il ciclo vincente di Cragnotti: 137 presenze e 22 gol, quasi tutti pesantissimi.
L'uomo-derby di Coppa Italia, Lulic, ha nazionalità bosniaca ed è nato a Mostar. La Lazio lo tesserò nel 2011 pagandolo agli svizzeri dello Young Boys due milioni e mezzo d'euro. Adesso ne vale una decina di più.
Boksic ha vinto tanto, ovunque sia andato. Potente, elegante, non esattamente una punta da doppia cifra di reti a stagione, ha avuto con la Lazio un rapporto dove uscivano spesso spigoli da smussare. Ad esempio, nell'aprile del 2000, il croato si rifiutò di giocare la gara all'Olimpico contro il Perugia. "Mister la maglietta è stretta – disse ad Eriksson - i pantaloncini non mi stanno, mi sento un pupazzo. Guardi, non gioco". L'attaccante ex Marsiglia era fatto così e in 115 presenze mise a segno 31 reti, quelle che contavano. Basti ricordare due stagioni. Nella 1998-99 giocò solo tre gare in campionato ma segnò il gol decisivo nella semifinale di Coppa delle Coppe, grazie al quale la Lazio potè giocarsi la finale col Mallorca di Cuper. Nel campionato tricolore, Boksic disputò 4 partite ma mise a segno 3 reti.
Pandev viene ricordato più per i rapporti tesi e l'accusa di mobbing contro Lotito che per l'apporto dato in biancoceleste. Un peccato perchè dal 2004 al 2009 segnò 48 gol in 159 presenze, aiutò l'inserimento di Zarate nella prima e unica stagione da protagonista dell'argentino a Roma, vinse una Coppa e una Supercoppa Italiana. Anche lui come Kolarov, deve molta della sua crescita tattica e tecnica a Delio Rossi.
Il debole laziale per i giocatori slavi fa parte in ogni caso di un amore molto più vasto e che negli appassionati di calcio fa categoria a parte. Così lo descrisse in un racconto per il Guerin Sportivo, Massimo Fini: “Mi è sempre piaciuto il calcio jugoslavo, lo seguivo su Capodistria, ai tempi belli in cui non c'erano Telepiù e Stream. I giocatori slavi mi piacciono perchè son fantasiosi e creativi come i brasiliani, ma non ne hanno l'intollerabile calcio 'bailado', sono anzi duri, violenti e teppisti, oltre che indolenti e lavativi. Ma soprattutto sono indisciplinati (...). Se han voglia di giocare possono battere chiunque, così come, se l'estro non li sorregge, possono perdere da chiunque".
Monia Bracciali