Con un'alzata di mano, Giorgos Katidis riuscì a smobilitare: Sel, il Pd, l'intero Parlamento italiano e l'Anpi, in meno di quarantotto ore. Il tutto, con la collaborazione del fallimento desolante dell'AEK Atene e del Novara, che approfittò della vendita a prezzi stracciati della rosa, per portare il trequartista in Italia. Ha voglia a metterci la volontà di non mescolare la politica col calcio: l'esultanza del giocatore dopo un gol segnato un anno prima, a braccio teso verso gli spalti, orgoglioso e in una posa vintage, non permetteva di farne a meno. Le cause che si portava dietro la vicenda, infatti, ebbero anche a che fare con la crisi economica del Paese ellenico e quella del suo calcio. E poi, il busto tatuato di Katidis in posa plastica, aveva fatto il giro del mondo in poche ore. Chissà se il centrocampista ha mai pesato quel gesto davanti ad una carriera magra e mediocre, la quale, col senno di poi, non sarebbe ingrassata comunque, indipendentemente dall'esultanza.

Giorgos nasce a Salonicco il 12 febbraio del 1993 e l'Aris divenne la sua prima scuola calcio. Dopo aver mostrato il suo talento nelle giovanili, venne promosso in prima squadra nella stagione 2010-11 ed esordì nella massima serie il 4 gennaio 2011 contro l'AO Kavala. Terminerà il campionato con altre due presenze. A livello di Nazionale giovanile, invece, era già una stella: dopo essersi affermato con l'Under 17, esordirà nell'Under 19 il 3 settembre del 2010 e di lì a poco conquisterà la fascia da capitano. Katidis sa essere un ragazzo trascinante e molto carismatico, in relazione agli altri pari età . L'annata successiva, sempre con l'Aris, scese in campo ben 12 volte e fu così che si guadagnò la chiamata prestigiosa dell'AEK che lo tesserò per la stagione 2012-13. Sull'acquisto incise tanto l'Europeo Under 19 in Estonia. Il trequartista aveva segnato tre reti nella fase a gironi e fu determinante per far arrivare la Grecia in finale contro la Spagna. Ci vollero 80 minuti agli iberici per piegare con un gol di Jesè gli ellenici. Sta di fatto che la Grecia si portò a casa un ottimo argento. 
Nel suo nuovo club ebbe modo di giocare spesso come titolare e all'11esima giornata contro il PAE Veria segnò la sua prima rete con la squadra della Capitale. Il girone di ritorno restò tranquillo e sereno finchè l'Aek non ri-affrontò lo stesso PAE Veria. Il 16 marzo del 2013, all'84esimo del match di ritorno, Katidis dopo un paio di rimpalli, segnò il gol del 2 a 1, determinante, quindi, per la vittoria. Il giocatore si tolse la maglia e corse verso la bandierina, si voltò verso la tribuna e alzò il braccio in un saluto nazista. Calò gelido l'imbarazzo dei compagni di squadra. C'è una foto, che gira online ancora adesso, che ritrae il compagno di squadra Roger Guerriero osservarlo sempre a mano tesa, al momento della rimessa al centro del campo del pallone, con mille perplessità. Niente in confronto a quello che si scatenerà nel post gara. Intanto c'era da domare la ferocia degli ultras dell'AEK che lo volevano fuori dalla squadra, e lo sdegno di una Nazione intera, una delle più ferite dalle dittature. 

Nello spogliatoio Katidis pianse in maniera inconsolabile. Si rese conto solo in quel momento della gravità di quello che aveva combinato ma non capì bene il perchè del putiferio. "E' un ragazzino che non ha idee politiche - cercò di difenderlo il tecnico tedesco Ewald Lienen - Probabilmente ha visto un saluto simile su internet e lo ha rifatto senza saperne il significato. Sono sicuro al cento per cento che Giorgos non sapeva cosa stesse facendo. Vedendo la reazione scatenata, era in lacrime a fine partita". 

"Non sono nazista - spiegò il giocatore - Se avessi saputo cosa significava quel gesto non l'avrei fatto". In un tweet spiegò anche che col braccio teso voleva indicare negli spalti il compagno di squadra Michalis Pavlis che stava recuperando da un infortunio, dedicandogli così la rete. 

Non esistono avvocati in grado di difendere Katidis: l'AEK lo relega in tribuna fino alla fine del campionato, la Federazione greca lo esclude da tutte le Nazionali. 
A fine campionato la società ateniese dovette fare i conti con una non più sanabile crisi economica, conseguenza di quella generale del Paese. Ammontavano a 170 i milioni di debito con lo Stato a brandelli e il club venne messo in liquidazione, la rosa svenduta. Dopo 89 anni di storia l'AEK retrocesse, fallì e ripartì dalla terza serie, con un suo ex presidente, Dimitris Melissanidis, celebre per essere andato contro l'embargo Nato del 1999, in Serbia in tempo di guerra, affinchè si giocasse l'amichevole col Partizan
Il destino di Katidis, invece, guardò avanti - come il braccio - anche perchè ci fu una squadra di B italiana pronta a tesseralo: il Novara

Massimo De Salvo, presidente del club piemontese, aveva solo una vaga idea di quello che lo aspettava a operazione conclusa, anche perchè sottolineò più volte come l'acquisto fosse "tecnico", non certo una mossa pubblicitaria e come fosse giusto dare al ragazzo una seconda opportunità. "Io ho visto una persona diversa da quella a cui la Federcalcio greca non ha creduto, un ragazzo spaventato. Non so se era inconsapevole del gesto, di sicuro non aveva coscienza della sua gravità. Credo si possa perdonare il giocatore per quello che ha fatto, condannando il suo gesto ma dandogli l’opportunità di ravvedersi”. 

"Non abbiamo nessuna intenzione di minimizzare il gesto - continuò a spiegare De Salvo in un secondo momento - che condanniamo in quanto irrispettoso per milioni di persone che per colpa di falsi ideali e miti hanno sofferto e pagato con la vita. Abbiamo però visto un ragazzo che era scioccamente inconsapevole del gesto che stava facendo ma che ora è finalmente perfettamente conscio del significato e del dramma che ha rappresentato.  A questo ragazzo abbiamo pensato di dare una chance perché riteniamo gravissimo commettere certi errori ma meritevole averne consapevolezza. La politica per noi rimane fuori dal calcio, la memoria no e crediamo che l’intolleranza si debba combattere ricordando ai nostri ragazzi quello che è successo nella storia affinché non succeda mai più”. 
Nelle conferenza stampa di presentazione, Giorgos apparì sereno: "Non temo di essere preso di mira dai tifosi delle altre squadre - disse - Io so chi sono, il mio lavoro è fare il meglio possibile in campo, non do importanza a quelle che potrebbero essere le reazioni". Inoltre ci tenne a spiegare ancora tutta la sua ignoranza storica e sociale: "Non posso che ripetere, come ho già fatto a suo tempo, che si è trattato di un gesto che non voleva avere alcun significato politico. Avevo visto un filmato su Youtube in cui una persona, in un contesto che nulla a aveva a che fare il calcio, che faceva quel gesto e scatenava le risate di tutti. Così mi è venuto d’istinto ripeterlo e si è arrivati ad un pandemonio". Infine chiuse dicendo che non s'interessava di politica e che l'unica persona che poteva dargli una testimonianza di come si viveva sotto la dittatura era la madre: "Ma da quando ho 14 anni sono in giro per la Grecia - aggiunse - e la vedo una settimana all’anno: sinceramente, parliamo d’altro".

Il tutto non finì qui a Novara. Fabio Lavagno parlamentare piemontese di "Sinistra Ecologia e Libertà" portò il caso in Parlamento a fine giugno, ponendo l'accento sulla gravità del fatto che il presidente del Novara aveva minimizzato il gesto del saluto nazista. Il Pd locale chiese l'intervento della Figc mentre l'Anpi - l'Associazione Nazionale Partigiani Italiani - tuonò di scuse insufficienti se la società non sarebbe poi impegnata ad adottare una linea dura contro il tifo nazista e razzista.

Tanto tuonò, per l'appunto, che alla fine non piovve: il passaggio del greco a Novara, chiasso iniziale a parte - restò anonimo, anche perchè a mister Aglietti non piacque neanche un po'. Dieci le partite giocate da ala, trequartista e centrocampista centrale. Risultati nulli o quasi. E così, tanta panchina fece nel girone d'andata, ma ancor più tribuna in quello di ritorno. Le parti decisero di rescindere il contratto in modo consensuale. Katidis rientrò in Grecia e venne tesserato proprio in quel PAE Veria al quale segnò "il gol nazista". Neppure a casa trovò grande spazio, addirittura chiuse l'esperienza con 6 presenze e da svincolato. Restò fermo qualche mese, finchè non lo tesserò il Panegialios, col quale scese in campo addirittura 14 volte. Per la stagione 2016-2017 Katidis decise di cambiare aria, nettamente. Infatti andrà a giocare nel campionato finlandese nello Jaro, nel quale ritrovò un po' dello smalto del giocatore che era, con 15 presenze totali, 7 reti e 4 assist. Rinfrancato dall'avventura nel nord Europa, quest'estate ha accettato l'offerta dell'Olympia Praga che gioca nella Serie B ceca. 

Fonti:

CittadiNovara
La Stampa
La Repubblica
Tuttocalciatori
Il Fatto Quotidiano
Daily Mail