Martin Erlić, giocatore del Sassuolo e della Nazionale croata, ha rilasciato un’intervista ai microfoni di Cronache di spogliatoio.
Sassuolo, intervista ad Erlic
Di seguito uno stralcio del suo intervento:
Sul Sassuolo
“Tornare a Sassuolo non è stato difficile. Conoscevo già l’ambiente, ho ritrovato le stesse persone di 5-6 anni fa. All’inizio non ho giocato molto, ma ho continuato ad allenarmi per convincere il mister a cambiare idea. Dionisi è contento di ciò che sto facendo e anche io lo sono. Sono uno che vuole migliorare e fare sempre di più. È vero, ho 25 anni e sono ancora giovane, ma sto entrando nell’età in cui un calciatore diventa ‘esperto’”.
Su Modric
“Quest’aneddoto è davvero bello che non sembra vero. Mancano pochi minuti al calcio d’inizio di Croazia-Francia, il mio esordio in Nazionale. Durante il riscaldamento Modrić viene da me parlarmi; forse non lo sapete, ma veniamo entrambi da Zara. Mi dice: «Martin, stai tranquillo. Se non ci sono giocate, non ti devi preoccupare: calcia lontano, anche fuori dal campo. Non c’è alcun problema, spazzala!». Rimango a bocca aperta, non me l’aspettavo. Dopo qualche secondo gli rispondo: «Ma lo stai dicendo davvero?». Ebbene sì, era serio. Non volevo crederci, non me lo sarei mai aspettato da uno come lui”.
Su Benzema
“Ho affrontato Benzema alla mia terza partita in Nazionale. Ma quanto è forte? È stata una partita molto difficile, visto che accanto a lui c’era Mbappé. Due degli attaccanti migliori al mondo in campo insieme, abbiamo avuto bisogno di un’ottima prestazione di squadra per non perdere. Però abbiamo vinto 1-0, tenendo entrambi a secco. Tanta roba. E poi è successo un episodio in campo proprio con Benzema che non posso non raccontarvi. Prima, però, devo farvi una piccola premessa: quando marco l’avversario, a me piace sentire sempre l’uomo e magari tenergli la maglia. A un certo punto, sugli sviluppi di un calcio piazzato, volevo sentirlo e gli ho dato un pizzicotto anche se non volontariamente. Lui si è arrabbiato e guardandomi male mi ha detto: «Ma che stai facendo?». Io gli ho risposto: «Ma che vuoi? Pensa a giocare». Fortunatamente è finito tutto lì”.
Sulla convocazione in Nazionale
“Avevo appena finito di giocare a padel. Mi si è impallato il telefono: non so quanti messaggi e chiamate ho ricevuto. La Croazia mi ha convocato. Mi hanno chiamato tutti: Mandzukić, Perisić, Vrsaljko che è del mio stesso paesino. È incredibile: in mezzo a tantissimi campioni. Io accanto a Modrić, Brozović, Perisić, Kovacić. Siamo un gruppo bellissimo, con tutti ragazzi super umili. Non riesco a crederci, davvero. Sono in lacrime: le mie sorelle mi hanno scritto un messaggio che mi ha commosso. Finiva così: «Hai realizzato il sogno di tutta la famiglia». Ho i brividi. Per noi croati, la Nazionale è il massimo dell’aspirazione. E poi, una volta che ci arrivi devi fare di tutto per restarci. Basta un attimo, un momento di flessione, dove non giochi ed ecco che non ti chiamano più. Non posso permettermelo. Per la mia famiglia”.
Sul Mondiale
"Prima della convocazione al Mondiale, mi dicevo: «Finché non vedo, non credo. Finché non vedo il mio nome su quel foglio sto sul pezzo». È un sogno diventato realtà. Di meglio c’è poco altro: vincere il Mondiale, o magari un giorno l’Europeo. Siamo arrivati terzi, stento ancora a crederci. Nonostante non abbia fatto presenze, mi sento tremendamente orgoglioso e grato per esserci stato. So che in futuro ci sarà più spazio per me, ma vi giuro che già condividere lo spogliatoio con certi giocatori è stato incredibile. Ma avete visto quanto è forte Gvardiol? Posso solo dire che è un fenomeno. A 22 anni giocare con quella sicurezza e con quella maturità non è facile. Ho tanto da imparare da lui per come sta in campo, come si muove e come gioca, anche se è più piccolo di me. Ogni tanto gli dico: «Bambino, ti do gli schiaffi. Stai calmo», e ridiamo insieme. È forte in campo e umilissimo fuori. Gli auguro solo il meglio”.
Sulla guerra
“Un giorno scriverò un libro. Voglio raccontare tutte le cose che ho dovuto affrontare. I momenti di difficoltà, le bugie dei medici, i periodi complicati per la mia famiglia. Ho vissuto davvero tanti momenti complicati. Ma è giusto eh, se vuoi arrivare davvero, devi superare tanti ostacoli. Sono nato 3 anni dopo la fine della guerra, non è stato facile crescere in quel contesto. Mio papà ha combattuto in guerra per 5 anni: aveva appena costruito la casa, ma ce l’hanno rasa al suolo. Guardando quello che ha fatto lui per la famiglia, non deve pesarmi venire qui a fare l’allenamento o fare un’ora di palestra in più. Per questo io ragiono così: a me non deve pesare niente, anzi deve essere un privilegio tutto quello che faccio. Secondo me le persone come lui sono loro i veri eroi: lui ha ricostruito tutta la casa da capo. Penso tanto a queste cose e mi danno tanta forza: se oggi sono quello che sono, lo devo alla mia famiglia”.
E sull'infanzia
“A scuola mi annoiavo. A fine anno riuscivo sempre a cavarmela eh, ma ogni tanto uscivo dalla classe e me ne andavo proprio. Scendevo le scale e correvo giù nel campetto che si vedeva della finestra della mia classe. All’uscita i miei compagni mi dissero che la prof aveva chiesto: «Ma Martin dov’è?». E loro: «È lì che gioca». «Va bene, lasciamolo lì. Tanto lui farà il calciatore». Vedi? Tutti lo sanno! Poi chiesi a mio padre di poter iniziare a giocare a calcio con una squadra vera. Forse è anche un po’ tardi: a 9 anni, tanti bambini iniziano già a 5-6 anni. Prima ho dovuto accontentarlo: «Martin, se vuoi giocare a calcio, sistema i voti a scuola. Sennò non ci vai». E così mi è toccato iniziare a studiare veramente. Ma va bene tutto, pur di giocare a calcio. Ogni giorno cammino 4-5 chilometri in mezzo ai boschi. Andata e ritorno. I miei non avevano tempo per portarmi, ma non importa. Voglio giocare a calcio e poi, proprio i miei genitori sono la mia più grande motivazione. Non volevo che la mia famiglia faccia per sempre questa vita. È il mio pensiero fisso. Un po’ invidio gli altri bambini: vedono che i genitori puliscono le loro scarpette e li portano agli allenamenti. Io faccio tutto da solo. Ma va bene così. Quando attraverso il bosco ho tantissimi pensieri. Soprattutto al buio: a volte scappo, volo via di corsa appena sento qualche rumore o qualche animale che si muove. Magari poi si tratta di un coniglio o di una lepre eh, ma non puoi mai saperlo. Che paura”.