Arrivato a gennaio dalla Fiorentina, Cristiano Biraghi è diventato un punto fermo del Torino in poco tempo.
Intervenuto ai microfoni di Tuttosport, l'esterno granata ha parlato del suo arrivo al Toro e degli obiettivi per questo finale di stagione.
Torino, le parole di Biraghi
"Ho la consapevolezza, senza voler apparire presuntuoso, di essere uno che dà sempre il cento per cento e questo aiuta. Però arrivavo da otto anni a Firenze, otto anni che si sono conclusi in maniera inattesa e certo non voluta da me, per cui le prime due settimane a Torino sono state una fase di transizione".
L'addio alla Fiorentina
"Non è questione di bruciare e nemmeno sono qui per fare polemica. Anzi, ci tengo a precisare che io conservo un ottimo rapporto con il presidente Commisso, con il direttore Pradé e con Ferrari. È stata una questione tra me e l’allenatore: e l’allenatore ha tutti i diritti di avere le sue idee e portarle avanti. A me è dispiaciuto perché all’inizio della stagione, quando si decise di fare una rivoluzione cambiando il tecnico e una quindicina di giocatori, mi era stato detto che avrei fatto parte anche del nuovo progetto.
Con il passare delle settimane ho capito che non era così e poi negli ultimi due mesi non sono stato più convocato. Ero il capitano, Firenze è la città dove ho comprato casa: insomma, non è stato semplice accettarlo. Per questo dico che inizialmente a Torino ero spaesato, conoscendo pochissime persone e vivendo in albergo senza la famiglia».
L'approccio con Vanoli
"È stato bravo a capire la situazione. Ci conosciamo dai tempi dell’Inter e quindi sapevo di avere a che fare con una persona attenta. Oltre tutto, essendo stato calciatore, comprendeva perfettamente il mio stato d’animo. Devo dire che ho percepito subito la fiducia e la stima non soltanto sua, ma anche del presidente Cairo, del direttore Vagnati e dei compagni. E poi ho capito subito una cosa importante".
Il finale di stagione
"Non dobbiamo preoccuparci della salvezza e che l’Europa purtroppo è lontana. Però un gruppo vero si forma anche in queste partite, nelle quali bisogna essere bravi a costruire la mentalità vincente per il futuro. È quello che ci insegna il mister e che ho vissuto nella mia esperienza. Le motivazioni ci devono essere sempre e comunque: sia quelle individuali - chi è in prestito e spera nel riscatto, chi è a fine contratto e spera nel rinnovo, chi è giovane e deve dimostrare di meritare questa maglia -, sia quelle di squadra. E poi lo dobbiamo ai tifosi".