L'allenatore del Como Cesc Fabregas ha parlato dal palco del 'Festival dello Sport': ecco le sue principali dichiarazioni riprese da "TMW".

Sulla carriera

"A 32 anni c’era il Covid e si è fermato il campionato in Francia, sono stato 5 mesi a casa e ho iniziato l’UEFA B. In quella occasione ho parlato con tanti allenatori, su tanti temi e anche sulla preparazione fisica. Analisti, statistici per analizzare le partite, i moduli: abbiamo creato una base di dati finché la passione era diventata ormai una realtà. Da calciatore la testa mi ha detto che si stava per chiudere una carriera e iniziarne un’altra. Non avevo più la fame. La mia idea? Preparare la gara e la squadra per lottare per tutto quel che succede in campo. Saper giocare in tutte le situazioni, saperle gestire. Sconfitta? Si gestisce molto male, però ora so che devo comandare i giocatori e lo staff e se io dopo un ko sono negativo tutti gli altri anche lo saranno. Al Como il progetto è emozionante ma siamo all’inizio: sappiamo dove vogliamo arrivare".

Sul Como

"Il progetto mi è piaciuto tanto, volevo un progetto a lungo termine. Ho potuto finire la carriera in campo e iniziare quella di allenatore. Era tutto quel che potevo sognare. Sono molto esigente ma entro i limiti. Quel che dico però l’ho vissuto da giocatore e so come si sente il giocatore e questo può essere un vantaggio. La proprietà del Como non mi ha chiesto niente: vogliamo crescere, vogliamo gente per cui il Como sia la loro vita, tutti devono dare la vita per il Como. Noi sappiamo la strada, se perdiamo quattro/cinque gare sappiamo ugualmente la strada. Siamo una società con stabilità e senza paura, stiamo crescendo globalmente. Due anni fa c’era pochissimo, siamo cresciuti velocemente: quest’anno la salvezza sarà la cosa più importante per poi crescere sempre di più, con calma. E in futuro? Me lo tengo per me, ma vedo tutto molto chiaro. Non si può crescere troppo velocemente, serve pazienza. Fare veloce e senza senso non va bene. Como in Europa tra qualche anno? E’ un sogno, certo. Con una crescita regolare un giorno speriamo di arrivarci".

Sui suoi allenatori

"Wenger per me è stato tutto, una fortuna per me. Una grande persona, ti chiedeva, si informava... Mi faceva sentire bene, credeva tanto in me e mi faceva alzare il livello. Mourinho è stato speciale: mi ha fatto sentire che credeva in me, sentiva che avremmo vinto la Premier. Io mi fido di quel che sento, ha vinto quel che ha vinto perché è un tecnico e una persona bravissima. Conte è un grande, è stato strano giocare contro di lui l’altro giorno. Conte ha un modo di lavorare che ti fa credere in tutto quel che fai. Quando arrivò non lo conoscevo: ha chiesto a tutti di fare colloqui. Arrivavamo da una stagione negativa, ma lui mi disse: 'Voglio vincere subito la Premier'. Arrivava dall’Italia in Premier dove c’erano altri top allenatori ma aveva una sicurezza che mi ha colpito. Nessuno mi aveva parlato così la prima volta. Ha idee molto chiare e sa gestire tutti i tipi di giocatori. Capisco perfettamente perché lo abbiano sempre cercato i miglior club".