Riccardo Zampagna è sempre stato un personaggio controverso nel mondo del calcio. Ex attaccante di Messina, Sassuolo e Atalanta, ha rilasciato un'intervista al Corriere della Sera, in cui si racconta nella sua tabaccheria a Terni e rivela retroscena importanti del suo passato di calciatore.

 

"Perchè mi sono aperto proprio una tabaccheria? Fumavo e fumo anche oggi. Risparmio qualche soldo ed è un investimento per il futuro" scherza Zampagna quando gli viene chiesto di cosa si occupa adesso. Riccardo segue il campionato con molto interesse, dato che quest'anno è più democratico che mai, con Sassuolo e Milan appaiate in classifica. "La serie A è equilibrata più che mai. E se ci fosse una sorpresa come nell'85 col Verona? Mai dire mai".

 

La storia di Riccardo è molto particolare. Tappezziere fino all'età di 23 anni, il bomber esplose nella massima serie solo una volta trentenne: "Il mio primo gol in A lo segnai nella partita tra Messina e Atalanta nel 2004. Per questo motivo, non lo dimeticherò mai. In quell'occasione scelsi l'opzione più complicata, ovvero il pallonetto. Fu una vera follia, dettata dall'incoscienza: se avessi sbagliato mi avrebbero linciato. Un calciatore raggiunge la maturità intorno ai 27 anni, io presi l'ultimo treno a trentanni. Però si trattava di quello veloce e dopo non mi fermai più. Il rimpianto che ho è la mancata convocazione in Nazionale, sarebbe stata la ciliegina sulla torta".

 

Nonostante le occasioni più importanti siano arrivate in età più matura, Zampagna ha avuto grandi soddisfazioni, arrivando a dire anche dei 'no' importanti: "Quando ero all'Atalanta mi cercarono club del blasone di PSG, Monaco e Fulham. Mi offrirono molti soldi, ma io stavo bene all'Atalanta, mi trovavo con la società e accettare sarebbe stato contro i miei valori fondamentali. Fu una scelta un po' come quella del pallonetto in Messina-Atalanta: dettata dalla follia".

 

Come molti ex calciatori, Riccardo adesso, oltre a gestire la sua tabaccheria, è anche allenatore dell'Assisi. E il suo passato da testa calda è d'aiuto: "Ai miei tempi, facevo impazzire gli allenatori con tutte le mie stupidaggini e ora, sapendo cosa passa nella mente di un calciatore, magari riesco a fermarli prima che commettano qualche errore".

 

Nonostante i tanti impegni, Zampagna segue molto da vicino le vicende dell'Acciaierie Terni, per le quali suo padre ha lavorato una vita intera: "Mio padre era un operaio. I miei facevano grossi sacrifici e per me oggi è un dovere scendere in piazza per questa causa. Quando ero giovane, pensavo che da grande avrei fatto l'operaio come mio padre. Ma lui mi diceva sempre che era troppo dura e che nessuno mi avrebbe detto che avevo fatto un buon lavoro. Mio padre è morto per queste Acciaierie, un tumore se l'è portato via e io sono contento di aver fatto altro. Qui a Terni la situazione è complicata, siamo la seconda città per tumori in Italia dopo Taranto".

 

Nel passato di Zampagna c'è stata anche la Ternana, per un solo anno: "Fu una stagione memorabile e conservo bei ricordi. Qui i tifosi sono di sinistra e io non mi sono mai nascosto. La squalifica per il pugno alzato rimediata 10 anni fa? Fu un episodio demenziale, prima delle partite, i tifosi mi chiedevano sempre di salutarli col pugno e io lo facevo. Qualche giorno dopo l'accaduto, mi chiesero se l'avessi fatto, dato che le tv non avevano ripreso. Avrei potuto negare, ma risposi che sì, lo avevo fatto. Pagai 20mila euro di multa, ma non mi sono mai pentito e lo rifarei anche oggi".