È stato uno dei grandi protagonisti della passata stagione, chiusa al terzo posto nella classifica marcatori con 26 gol ovvero più del doppio delle reti segnate l'anno precedente. È stato al centro di tante voci di mercato estive (Chelsea e Milan solo per citarne due a mo' d'esempio) ed è stato oggetto di forsennati rilanci nella stragrande maggioranza per non dire in tutte le Leghe del Fantacalcio. È stato infine insignito della maglia numero 9 della Nazionale a caccia della qualificazione a Russia 2018. A metà agosto dunque Andrea Belotti è certamente uno degli attaccanti più importanti nel panorama calcistico italiano. Il suo inizio di campionato lo conferma: 3 gol in 6 partite, compresa questa perla assoluta contro il Sassuolo. Istinto, forza, coordinazione, potenza tutto in un unico gesto.

Poi l'infortunio al ginocchio all'82' della gara contro il Verona e il successivo stop di un mese. Dal suo ritorno contro il Cagliari tre settimane dopo abbiamo visto in campo un altro Belotti: nessun gol, nessun assist, un rigore sbagliato contro il Chievo, prestazioni insufficienti (solo con l'Atalanta ha strappato un 6 nelle nostre pagelle). Per la disperazione di chi nell'asta ha puntato mezzo budget solo su di lui. Nel mezzo l'eliminazione dell'Italia dalla corsa per il Mondiale e un gol contro il Carpi in Coppa Italia che alla resa dei conti è stato poco più di un brodino.
Se la media dei tiri totali e verso lo specchio è rimasta praticamente la stessa (3.4 e 1.2 pre infortunio, 3.5 e 1.1 post infortunio - dati Opta), è drasticamente calata la media delle occasioni create, cioè i passaggi che portano al tiro, passata da 1.4 a 0.8. Da un lato dunque Belotti continua ad avere una produzione offensiva simile, anche comparandola con quella della scorsa stagione, ma dall'altro nelle ultime 6 giornate non è stato il cecchino infallibile che i tifosi granata hanno imparato ad amare. Inoltre il Gallo incide meno nella manovra del Torino creando minor chance per i compagni.
Come sempre accade nel calcio, anche per l'ex Palermo è impossibile ricondurre le sue difficoltà realizzative ad un singolo fattore. Certamente lo stop per la distorsione al ginocchio ha inciso nella perdita del ritmo gara ma ormai questo motivo non regge più. Non va poi dimenticato che qualsiasi attaccante nella storia del football ha sofferto periodi in cui non gli girava bene nulla facendolo entrare in un corto circuito emotivo: perfino CR7 quest'anno ha segnato 1 gol in 8 partite di Liga, roba che si fa fatica a credere...
Ma affidandoci ancora alle statistiche OPTA emerge che Belotti dopo il suo rientro in media tocca più palloni (40 a 35,7), duella di più con gli avversari (19,1 a 13) e deve lottare di più sulle palle alte (7,1 a 4,1). Non può essere un caso se questo Belotti più battagliero sia coinciso con il passaggio del modulo dal 4-2-3-1 al 4-3-3 con un centrocampo prettamente muscolare che fatica ad imbastire trame offensive con continuità: ecco dunque per il Gallo più lanci lunghi, più palle sporche da controllare, meno compagni da servire per il tiro. Un Belotti, quindi, che presumibilmente arriva meno lucido al momento di concludere perché deve fare un lavoro sporco che invece, con l'assetto precedente, lo riguardava in misura minore.
Il cambio di modulo è stato quasi obbligato per Sinisa Mihajlovic nel momento in cui Ljajic non riusciva ad essere il centro nevralgico del gioco e Niang non dava una mano sufficiente in copertura, per non parlare di quanto Sadiq abbia fatto male da vice Belotti. Così però, come abbiamo visto, a Belotti la squadra chiede cose che il Capitano fa perché la sua indole da generoso glielo impone ma che poi paga in termini di precisione sotto porta.
Il Torino è dunque ancora alla ricerca di un'identità ben definita ma deve trovarla in fretta: il suo Bomber sa e vuole sacrificarsi ma se continua a non segnare le ambizioni europee dei granata non potranno prendere forma.