Davide Santon, ex difensore di Inter e Roma, ha parlato della sua decisione di lasciare il calcio giocato nel corso di un'intervista concessa a Tuttosport. Queste le parole dell'ex giallorosso.
Intervista a Santon sulla Roma
Mourinho?
«Partiamo dalla fine: ultimo anno di contratto alla Roma, che ingaggia Mourinho. Io stavo bene, ma iniziavo a sentire i tanti infortuni del passato. Ricevetti la lettera in cui mi comunicavano di essere fuori rosa. Parlai con Mou, che venne anche a vedermi e sono convinto avrebbe voluto reintegrarmi. Io però non potevo più garantire un tot di partite, ero sempre a rischio infortunio, avevo paura a spingere, non mi divertivo più. Dopo una stagione così, perdi le motivazioni e il tuo corpo ti dice basta. Nell’ultimo anno, oltre al problema al ginocchio destro, ho avuto guai anche a quello sinistro. Faticavo per tutto».
Intervista a Santon sull'Inter
Cosa ricorda dell’esordio con l’Inter?
«Nei primi mesi andavo sempre in tribuna e al massimo giocavo in Under 19. Una volta venni schierato terzino sinistro, io non lo avevo mai fatto. “C’è bisogno lì”: in realtà il capitano, titolare del ruolo, finì in panchina: erano arrivati “ordini dall’alto”. Mourinho non era convinto di Maxwell e pensava a me in quel ruolo. Prima di Natale mi venne detto che avrei giocato contro il Cagliari, ma restai in panchina. Chiamai il mio procuratore per dirgli di andare via: volevo giocare, fare esperienza e il Palermo, in A, mi garantiva addirittura la titolarità. Stavo per accettare, ma ecco la Coppa Italia: senza dirmi niente, scopro di essere nell’undici di partenza. Da lì non sono più uscito sino al termine della stagione».Cosa provò dopo aver neutralizzato CR7?
«Lo avevo studiato, conoscevo i suoi movimenti, ero tranquillo, consapevole dei miei mezzi. Altro che paura, prima della gara ero eccitato, non vedevo l’ora di scendere in campo. Con la paura fai figure di m..., con l’autostima arrivi lontano. Quella partita mi lanciò nel mondo del calcio».
Santon sugli infortuni
Il suo primo infortunio fu con l’Under 21.
«Quello resta il mio rimpianto più grande. A 18 anni sei molto ingenuo, senza esperienza. Se quella situazione fosse avvenuta più tardi, avrei detto: “Non ce la faccio, esco”. Invece allora non fu così. Subii l’intervento di un avversario, sentii “crack”. All’intervallo il mister e gli altri volevano che continuassi e così fu. Da una cosa minima, è diventata enorme. Se mi fossi fermato sarebbe andata diversamente. Il passato è il passato, bisogna accettarlo. Mi spiace pure non aver mai segnato in A. Da giovane segnavo tantissimo, poi boh. Passava il tempo, la rete non arrivava mai, divenne quasi un’ossessione. Col Newcastle invece ho fatto un gol, ma non da terzino, da ala destra».Se si fosse nuovamente infortunato, avrebbe rischiato le protesi?
«Sì, io ho le ginocchia distrutte. Probabilmente quando avrò cinquant’anni potrei doverle metterle comunque, ma se avessi continuato a giocare il pericolo si sarebbe potuto manifestare nell’immediato. Io per il calcio ho dato tutto, ho sacrificato davvero il mio corpo. Tra muscoli e ossa sono tutto ammaccato».
Contenuto non disponibile