Roberto D'Aversa, allenatore dell'Empoli, ha concesso un'intervista al "Corriere dello Sport" in cui ha parlato dell'ottimo inizio di campionato della sua squadra, soffermandosi anche sulle polemiche arbitrali.

Sulla costruzione dal basso

«Giusto che si faccia se ci sono le condizioni, altrimenti meglio evitarla, però è un discorso che parte da lontano e occorre lavorarci fin dal ritiro, intervenendo nei dettagli tecnico-tattici e nella convinzione dei ragazzi. Fondamentalmente, quando si incontrano squadre che aggrediscono, bisogna essere bravi a saltare la pressione bilanciando bene la presenza degli avversari nella nostra metà campo con la nostra nella loro». 

Sull'Empoli

«Le mie squadre le ho sempre schierate con la difesa a quattro, quella a tre per necessità, ma il modulo e il sistema di gioco lo determinano le caratteristiche dei calciatori: io da subito avevo tre difensori come Viti, Walukiewicz e Ismajli, e non mi sembrava né giusto e né corretto sacrificare uno dei tre per giocare a quattro. Sono partito da loro e ho disegnato il sistema migliore ragionando su centrocampista, esterni e attaccanti». 

Sulla chiamata dell'Empoli

«Vivo di rapporti umani e, dopo quanto accaduto (esonerato dal Lecce a marzo per la testata ad Henry al termine della partita contro il Verona a Via del Mare, ndc), la chiamata dell’Empoli è stata coraggiosa per quello che era successo e per me immensamente gratificante. Non me la sono fatta sfuggire, nonostante avessi altre proposte: per dimostrare la persona che sono da trentacinque anni, nonché il tecnico che sul campo penso si sia sempre ben comportato in Serie A. La cosa bella, inoltre, è che ho ricevuto tanti attestati di stima da allenatori e direttori sportivi, anche di qualcuno con cui non avevo rapporti e che mi hanno fatto ancora più piacere: li ringrazierò per sempre. Il presidente Corsi e la figlia Rebecca gestiscono il club da imprenditori ma come se fosse una famiglia. Qui sanno fare calcio, lo si percepisce da fuori com’è il mondo Empoli, ma solo al suo interno ci si rende conto del significato che si dà al settore giovanile per consentire ai ragazzi di arrivare in prima squadra e poi valorizzarli ancora di più. In questa maniera il club si autogestisce a livello economico con l'idea, in più, di dare spazio al maggior numero di calciatori italiani e di appartenenza Empoli. Io raramente parlo di formazione con presidente o direttore sportivo, ma prima della partita di Coppa Italia mi sono sentito di dire le mie scelte in anticipo rispetto al solito comunicando loro chi volevo far giocare a Torino: l’espressione di Corsi è valsa più di mille parole». 

Sui giocatori in rosa

«Viti arriverà a livelli di rilievo. Di Fazzini già pensavo bene, ma allenandolo credo possa veramente andare molto, molto più in là dello scorso anno. Goglichidze sta avendo una crescita esponenziale, Ismajli è già pronto per un grandissimo club, e per il futuro spostato un po’ più avanti ci sono Seghetti, Marianucci e Tosto». 

Sull'inizio di campionato

«La salvezza rimane il primo e unico obiettivo dell’Empoli, altrimenti vorrebbe dire non aver dato valore a questi dieci punti che ci torneranno utili nei momenti di difficoltà. Lavoriamo per scongiurarli, ma ci saranno». 

Sul Var

«Le statistiche dicono che il Var ha diminuito gli errori, ma è un problema se il direttore di gara va in campo e aspetta l’intervento del Var. Agli arbitri si deve dare la possibilità di andare ad allenarsi con le squadre. Faccio un esempio, se l’arbitro è di Firenze o di Empoli, potrebbe dirigere le nostre partitelle o quelle della Viola: quell’aspetto lo migliori vivendo quotidianamente il campo e le dinamiche dei calciatori».