Raggiante per la vittoria della Fiorentina ai danni del Milan, Raffaele Palladino si è presentato ai microfoni di DAZN al termine della partita. Il tecnico ha analizzato la prestazione dei suoi, poi ha speso parole di elogio per Gudmundsson e Kean; qualche chiarimento anche sulla gerarchia dei rigoristi dopo il penalty fallito dallo stesso Kean questa sera. Di seguito le parole di Palladino dopo Fiorentina-Milan.

Le parole di Palladino dopo Fiorentina-Milan

Le parole di Palladino dopo Fiorentina-Milan: "Io dico sempre alla squadra che si difende insieme e si attacca insieme. Oggi abbiamo avuto una grande fase difensiva e giocare così contro il Milan non era facile, mi è piaciuta tutta la squadra. Difendere insieme ti dà grandi valori anche umani, perché lo spirito di sacrificio è importante. Oggi non puoi permetterti di tenere due o tre giocatori che non difendono perché in Serie A trovi squadre che mettono in difficoltà. Si può migliorare dal punto di vista del gioco, ma serviva una vittoria così, di squadra e di grandi emozioni".

Palladino: "Kean emblema della squadra. Rigorista? Ecco la gerarchia" (Getty Images)

Su Gudmundsson

Su Gudmundsson: “Gudmundsson è un campione. Un giocatore molto importante per noi, arrivato negli ultimi giorni di mercato e poi ha avuto dei fastidi muscolari. Deve trovare ancora la sua forma migliore, ma sa giocare a calcio e si sacrifica. Ce lo godiamo, come queste vittorie”.

Su Kean

Su Kean: “Di solito gli attaccanti vivono di gol ed emozioni, quando sbagli un rigore ti puoi buttare giù. Moise invece ha continuato ad aiutare i compagni e a dare qualità, credo che sia stato l’emblema di tutta la squadra. Sta facendo molto bene, nell’ultimo tiro si vede il suo strapotere fisico e può crescere ancora tanto. Siamo molto contenti di quello che sta facendo”.

Sui rigoristi

Sui rigoristi: "Il primo rigorista è Gudmundsson, il secondo Moise. Oggi c’è stato altruismo, perché Gud ha concesso di tirare il rigore a Moise. A fine partita scherzavano tra di loro. A me piace che sia così, perché non tra giocatori, ma tra uomini, ci si parla e si deve essere anche umani in certe occasioni".