L'attaccante del Genoa e della Nazionale Mateo Retegui ha concesso un'intervista ad "As": ecco i passaggi principali.
Sul primo anno in Italia
"Sono molto felice di questo primo grande passo della mia carriera. Non è facile trasferirsi dall'Argentina al calcio europeo, ma era un sogno che volevo realizzare e l'ho realizzato. Genova mi ha aperto le porte con amore. Sono felice. Ho iniziato bene, due infortuni mi hanno fermato, ma poi sono tornato a sentirmi a mio agio. Pretendo molto da me stesso, sempre di più, ma sono soddisfatto".
Sulla scelta del Genoa
"Avevo diverse opportunità, ma mi ha chiamato mister Gilardino, ho parlato con persone del club e ho capito che venire qui mi avrebbe dato la possibilità di avere più chances con l'Italia, che è quello che desidero di più. È stata una decisione assolutamente giusta: la squadra fa le cose molto bene, è come una famiglia, c'è sinergia con la dirigenza, con i tifosi, lo stadio è molto caldo. Funziona tutto alla perfezione: ogni giorno arrivo e parto con il sorriso. Mio padre dice che sono stato vicino all'Atletico Madrid? È vero. Non so raccontare nel dettaglio quello che è successo, mi interessa solo giocare concentrato e cerco di non dare ascolto alle voci, ma l'interesse e il fatto che fossi molto vicino è vero. Non ho parlato con il Cholo, ma abbiamo avuto un incontro con il club. Non se n'è fatto nulla, e oggi l'unica cosa che posso dire è che sono felicissimo a Genova".
Sull'avversario più duro
"I difensori qui sono molto bravi, quasi tutti giocano a uomo e questo mi piace. C'è un giocatore che mi ha fatto tanti falli e non me ne hanno dato nemmeno uno, ma è bravissimo e lo adoro come difensore centrale: Buongiorno, mio compagno di Nazionale. Quando abbiamo giocato contro il Torino mi è sembrato un animale fisicamente ed è completissimo tecnicamente".
Sulla Nazionale
"Stavo tornando dall'allenamento e mio padre mi ha raccontato che gli avevano detto che c'era questa possibilità. Non me lo aspettavo, essere convocato in Nazionale è la cosa più bella che possa capitare a un calciatore. Gli ho detto subito di sì, che avrei accettato senza dubbi. Il ct non ha dovuto convincermi, è stato tutto molto veloce. Quando ci siamo incontrati mi ha chiesto: “Sai perché ti abbiamo chiamato?” Gli ho detto "per giocare", e lui ha risposto: "Per segnare!" (ride). L'Argentina? Non ho avuto l'opportunità di parlare con nessuno della in nessun momento. Quando ho saputo dell'interesse di Roberto (Mancini, ndr) ho parlato con la mia famiglia e non ho esitato un secondo: indossare una maglia così bella e con così tanta storia è un onore".