Intervistato da Cronache di Spogliatoio, Giacomo Bonaventura ha parlato della fine della sua esperienza alla Fiorentina e del passaggio all'Al-Shabab. Il centrocampista si è soffermato in particolare sulle finali perse con la maglia viola, che hanno pesato sull'ultima parte della stagione, e sul suo rapporto con Vincenzo Italiano. Di seguito le parole di Bonaventura.

Le parole di Bonaventura

Le parole di Bonaventura: "Dopo aver perso la terza finale in due anni, non ce l'ho fatta a scendere in campo a Bergamo per l'ultima di campionato. A Italiano è bastato uno sguardo per capire che stavo a pezzi. A Padova giocavo al suo fianco a centrocampo, lui era già allenatore, mi diceva stai, vai su, vai là. A Firenze mi sono divertito tantissimo con lui, abbiamo giocato un calcio che a me piace, divertente, sempre all'attacco, a pressare tutti. Se penso ai tre anni insieme penso ci sia mancata solo la finalizzazione. Se ricordate, con Vlahovic eravamo quarti. Poi sono arrivati tanti buoni giocatori ma nessun finalizzatore al suo livello. Italiano è uno che ogni tanto va allo scontro, a me piace questo di lui: quando ci si scontra con lui se ne esce sempre con qualcosa di meglio. Non porta rancore, ci si chiarisce e finisce lì. La critica a volte fa male ma a volte fa riflettere e crescere".

Bonaventura: "Volevo un'esperienza all'estero, in Arabia mi guardano come un esempio" (Getty Images)

Sul trasferimento in Arabia Saudita

Sul trasferimento in Arabia Saudita: "Ho sempre giocato in Italia ma parallelamente ho sempre desiderato un’esperienza all’estero. Il mio contratto con la Fiorentina era scaduto, un po’ di club si facevano vivi, ma nessuno concretamente, dicevano che attendevano di capire se avevano qualche esubero. Poi sono iniziati i ritiri e stavo iniziando a innervosirmi. A quel punto mi è arrivata la proposta dell’Al-Shabab, mi ha chiamato il direttore sportivo, Domenico Teti. Ci ho pensato poco, ho preso e sono andato. Mi sto trovando molto bene, qui la gente è di un’ospitalità impressionante. Quando vai in giro e vedono che non sei saudita, ti dicono sempre “Welcome to Saudi”, non mi immaginavo questa cosa. Poi c’è l’altra componente, quella del calciatore, sento l’ammirazione verso di me. Mi guardano come un esempio, studiano come mi comporto, come lavoro, hanno voglia di capire, di imparare".