Non rovinare tutto, Kvara. È appena trascorsa un’annata che ha scosso pure quei sogni diventati realtà dopo un’attesa lunga un terzo di secolo. Una stagione rovinatutto ha già messo a dura prova certe sopportazioni che da ormai da un bel po’ di tempo fanno il peso lordo di una maniera diversa di vivere la passione sportiva.
Quella tifoseria così votata e severa ha capito che tu sei stato tra quelli che pure nel precipizio si è dato da fare onorando quel lungo frangente sbagliato che per molti ha il sapore del disonore.
Quando è finita ed è arrivato il sospiro di sollievo che ha preceduto i nuovi entusiasmi targati Antonio Conte, tu sei stato tra quelli ancora desiderati, immune da quella contestazione determinata da certe derive mediatiche e da un livello di esigenza ormai spostatosi in altri luoghi della percezione.
Almeno tu, che per due anni sei riuscito a proporre un’immagine scarna ed essenziale di calciatore, in onore di quella sostanza che nasconde e restituisce, risparmiaci quell’aria indolente e infantile che per bocca di certi procuratori si traduce in uscite maldestre e capricciose e per affetto dei padri si azzarda a pronunciare pensieri sconclusionati.
Almeno tu non costringere una società di tanto in tanto asserragliata e costretta a difendersi più del dovuto a reagire giustamente e a impartire lezioni a un pallone affollato da incontentabili presuntuosi. Perché ogni tanto vale pure la pena ricordare che se non si è finiti dentro un obiettivo o non si è raggiunti un traguardo sportivo la responsabilità è pure, forse soprattutto, di quelli che nella competizione sportiva hanno il dovere, con se stessi e con chi li sostiene, di provvedere coi fatti. Senza cercare subito rifugio altrove.
Perché vale la pena ricordare che non è detto che si diventi campioni “cercando Egitto” dove l’Egitto è facile, che è facile giocare in mezzo ai campioni se i campioni si comprano e si distribuiscono in mezzo a uno star system a suon di quattrini. Campioni, forse, si diventa quando si conquista, compiendo prodigi come quelli di quando un luogo che aveva fame di campioni ne ha incontrato uno che sembrava possedere certi elementi in grado di farne un elemento.
Ha fatto bene il Napoli a rispondere come ha risposto. Lo facessero tutte le altre società. Perché ci saranno pure giochi al rialzo per rinnovare i contratti e per condurre chissà quali affari, ma un principio, di tanto in tanto, va fatto valere. E nella maniera più chiara e netta possibile. Chissà che un giorno non debba tu stesso ringraziarlo, questo principio.
Non è una tragedia greca o un dramma antico, in cui le colpe dei padri debbano ricadere sui figli. È giusto che ognuno segua la propria volontà, ci mancherebbe, ma è anche giusto farlo senza rovinare nulla. Almeno questo.